Ecco un altro itinerario tra le stradine più antiche e curiose del centro. Questa volta si tratta di un percorso più “classico” nel cuore della città medievale, che parte dalla zona del Ponte Vecchio e arriva fino al Duomo.
3#stradedifirenze: chiassi e vicoli

Partiamo dallo slargo a ridosso di Ponte Vecchio che ha preso il nome di Piazza del Pesce, perché prima della costruzione del Corridoio Vasariano era il luogo in cui si svolgeva il mercato del pesce e al posto del telefono pubblico (una rarità anche questo ormai!) si trovava una fontana; ai pesciaiuoli “sfrattati” dal lungarno e obbligati a spostarsi nella zona del Mercato Vecchio venne costruita la bella e colorata Loggia del Pesce, una struttura progettata da Giorgio Vasari con una doppia fila di arcate appoggiate su pilastri e colonne e decorata con stemmi medicei e tondi raffiguranti diverse specie di pesci (smontata nell’Ottocento durante i lavori di risanamento, è stata rimontata nel 1955 in Piazza dei Ciompi).

Passando sotto alla Volta dei Girolami si entra nella via intitolata all’antica famiglia fiorentina che si diceva fosse discendente di San Zanobi, il vescovo vissuto tra IV e V secolo e ricordato per la sua intensa opera di evangelizzazione e lotta alla dottrina ariana. I Girolami possedevano vari edifici in questa zona, tra cui la torre nella vicina Via Lambertesca (distrutta nel 1944 e mai più ricostruita) che nel Seicento era stata unita ad altre case per creare Palazzo Bartolommei; risale invece agli inizi del Cinquecento il bel palazzo che si affaccia su Lungarno Archibusieri (proprio di fronte al Corridoio Vasariano), attribuito a Baccio d’Agnolo e commissionato da Francesco di Zanobi Girolami, che fu ambasciatore della Repubblica Fiorentina e membro della Balìa.

Questa strada ci regala un bellissimo scorcio della Firenze medievale e termina in Via dei Georgofili, che invece è diventata nota per i tragici eventi del 27 maggio 1993, in cui rimasero uccise 5 persone e fu distrutta la Torre dei Pulci, sede storica dell’Accademia dei Georgofili, fondata alla metà del Settecento e la prima in Europa per gli studi sull’agricoltura. In ricordo delle vittime dell’attentato è stato posto un Olivo della Pace (all’angolo con Via Lambertesca) mentre sul lato destro del complesso degli Uffizi compare la scultura in bronzo e oro I passi d’oro, opera di Roberto Barni del 2013.

Siamo a pochi passi da Piazza della Signoria e procediamo sul retro della fabbrica degli Uffizi e della Loggia dei Lanzi, nel caratteristico Chiasso de’ Baroncelli – dal nome di una ricca famiglia di banchieri che qui aveva le sue torri – dove si vedono ancora i tipici archetti di sostegno tra gli edifici e il punto in cui erano le sedi di alcune importanti corporazioni come l’Arte dei Fabbri, dei Maestri di Pietra e Legname e dei Calzolai (sono rimasti gli stemmi in pietra ma sono diventati quasi illeggibili).

Da un chiasso all’altro, arriviamo nel pittoresco Chiasso del Buco, chiamato così per la presenza di una “buca“, una di quelle popolari osterie che dovevano somigliare molto ad una cantina e a cui si accedeva scendendo una ripida scala (difatti i ristoranti che hanno ancora questa denominazione hanno i locali sotto il livello della strada). Il chiasso è praticamente diviso in due parti; il primo lato, a cui si accede da Chiasso Baroncelli, fu molto danneggiato durante la ritirata tedesca del 1944 e diversi edifici vennero ricostruiti negli anni Cinquanta, tra cui la Torre dei Salterelli, una famiglia menzionata da Dante nel suo incontro con l’avo Cacciaguida (Paradiso XV).

Il tratto su Via Lambertesca, invece, non ha subito grosse trasformazioni ed esiste ancora il fondo dove aveva sede l‘Arte dei Correggiai (di cui resta un’antica architrave in pietra con gli stemmi)

A pochi metri dalla Torre dei Salterelli si trova la volta del Chiasso degli Armagnati in cui vediamo un edificio con una lunga fila di beccatelli in pietra e un piccolo tabernacolo in legno con un bassorilievo in stucco raffigurante la Madonna e il Bambino.
Girando a destra su Via Vacchereccia si raggiunge Piazza della Signoria e a questo punto imbocchiamo Via dei Calzaiuoli, la via “maestra” del centro e che io chiamo la “via spartiacque” perché divide l’area sottoposta ai lavori di risanamento nell’Ottocento, dal cosiddetto quartiere medievale.
Questa zona a Firenze è per definizione quella compresa tra Piazza Duomo e Piazza Signoria (dove si trova anche la Casa di Dante), ma in questo itinerario ne percorriamo solo un tratto, iniziando dal Vicolo dei Cerchi, la stradina che collega Via dei Cimatori a Via della Condotta (da non confondere con Via dei Cerchi che è la sua parallela).

Anticamente era chiamata Vicolo dello Spigo, forse per la presenza di quella pianta simile alla lavanda, impiegata anche nei cosmetici e in profumeria (io lo tengo in dei sacchettini nei cassetti della biancheria e voi?) Nel Trecento i Cerchi vi costruirono un grande palazzo, che si estende per tutta la sua lunghezza ed è tra gli edifici meglio conservati dell’epoca; non si trattava del ramo principale della famiglia (quello a capo dei Guelfi Bianchi che abitava nella via accanto e fu mandato in esilio) ma dei loro parenti rimasti in città che cambiarono il nome in Riccardi. In seguito il palazzo fu ereditato dai Capitani del Bigallo e divenne la sede delle Stamperie Granducali, cioè la tipografia a cui Ferdinando II concesse il privilegio di stampare gli atti ufficiali della Corte Medicea.
Esiste anche un’altra tipologia di vicoli che finora non abbiamo visto, cioè i vicoli chiusi da un cancello, come quello che si affaccia su Via del Corso e viene chiamato Vicolo del Bazar.

Questa viuzza senza sfondo un tempo aveva un ingresso anche da Via dei Tavolini ed era conosciuta come “Chiasso delle Bertucce“, che dovevano essere le cameriere o le cuoche (non particolarmente attraenti) di un’osteria frequentata da vari personaggi famosi, tra cui Lorenzo il Magnifico. Nell’Ottocento lo sbocco su Via dei Tavolini venne chiuso (prima con una porta e poi definitivamente murato) e il vicolo cambiò nome in seguito all’apertura del Bazar Bonajuti, il primo “centro commerciale” di Firenze; il Bazar era formato da una trentina di botteghe attorno ad una grande piazza coperta, dove si poteva comprare un po’ di tutto: mobili, libri, profumi, cappellini e ninnoli vari. Agli inizi del Novecento l’emporio fu acquistato da Giuseppe Siebzehber, che creò la catena di magazzini “Duilio 48” (perché si vendeva tutto a 48 centesimi); oggi in quello stabile si trova la Coin.

Foto @coupleinflorence
Un altro vicolo con una storia molto particolare è il Vicolo degli Alberighi, spesso ricordato per un triste episodio risalente al 1501 che vide protagonista un tale chiamato Antonio di Giovanni Rinaldeschi. L’uomo aveva il vizio del bere e del gioco e una sera andò all’osteria, si ubriaco e perse tutti i soldi giocando ai dadi. Tornando a casa passò di qui e siccome era molto arrabbiato (e poco lucido), prese una manciata di sterco da terra e la lanciò contro l’Annunciazione dipinta in un tabernacolo. Il sacrilegio venne subito riferito ai Signori Otto e l’uomo fu arrestato e giustiziato al Bargello nel giro di poche ore. Il fatto venne raccontato in un dipinto che oggi si trova al Museo Stibbert, mentre una copia è nella chiesa di Santa Maria dei Ricci, insieme all’affresco sporcato dal Rinaldeschi. La stradina conduce a una piazzetta chiusa che prende sempre il nome dall’antica famiglia ghibellina degli Alberighi (menzionata anche da Dante in un verso del Paradiso), dove fino al Settecento sorgeva la chiesa di Santa Maria degli Alberighi (fondata nel XII secolo) distrutta proprio per consentire l’ampliamento della vicina Santa Maria dei Ricci.

Foto @cultural.e
Siamo ormai giunti in prossimità del Duomo e concludiamo questo percorso in Via della Canonica, che faceva parte dell’antico Quartiere della Canonica, in cui si trovavano le abitazioni e gli uffici degli ecclesiastici. In origine era chiamata Via dello Scheletro (probabilmente per la presenza del cimitero a fianco della cattedrale ) e vi sorgevano le case dei Visdomini, famiglia storicamente legata alla curia fiorentina.

Il complesso si affacciava anche su Via delle Oche (dove si vedono la torre e il palazzo) ma il lato su Via della Canonica ha conservato i tradizionali sporti medievali. Nel Quattrocento fu acquistato dagli Operai di Santa Maria del Fiore e divenne la residenza degli Arcidiaconi del Capitolo che davano regolarmente in affitto alcuni locali dell’edificio. Qui abitarono il pittore Federico Zuccari (mentre lavorava agli affreschi della cupola) e l’architetto Emilio De Fabris durante i lavori di ristrutturazione dell’area eseguiti nell’800.

La via termina all’angolo con la Torre dei Pierozzi, la famiglia a cui apparteneva il vescovo Antonino, il santo umanista di Firenze. Nato in questa casa nel 1389, era figlio di un notaio e aveva una corporatura esile, il carattere riservato e una particolare predisposizione per lo studio e la preghiera. Nel 1414 prese i voti e divenne frate dell’ordine domenicano, assumendo la carica di priore di San Marco, negli anni in cui Michelozzo e Beato Angelico lavoravano alla costruzione del nuovo convento. Egli mantenne sempre uno stile di vita umile e si dedicò alla cura dei fedeli, aiutando i poveri e i malati e condannando con fermezza l’usura; non pensate però a lui soltanto come a un uomo di chiesa che non conosceva le dinamiche del suo tempo, anzi. Antonino accettò il confronto con le nuove élites cittadine, tenendo testa a personaggi come Cosimo il Vecchio e con i grandi cambiamenti sociali e culturali del Primo Rinascimento. E se un giorno leggerete i suoi scritti, vi accorgerete di quanto siano ancora attuali le parole di questo uomo piccolo, ma dalla mente grande e moderna.

Fonti e riferimenti:
- Fonti primarie e imprescindibili di ogni mia ricerca sulle strade e i palazzi di Firenze sono il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze e lo Stradario Storico Amministrativo del Comune di Firenze.
- Luciano Artusi, Maria Venturi, Chiassi e vicoli dimenticati di Firenze, Firenze, EdK, 2012.
Brava Elena! Ti segui sempre con
interesse. Sono gli scorci
del centro storico, caratteristici della nostra città, di cui neanche i fiorentini ne conoscono la storia.
Gian Piero.
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Ti ringrazio! Sì, io sono appassionata di “stradine” e mi piace creare questi articoli con un suggerimento di itinerario 🙂
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