Si parla molto di quelle donne di casa Medici diventate famose per i loro amori, gli interessi culturali o la grande sensibilità artistica. Più raramente, invece, si riesce a parlare dei mariti delle figlie femmine e dunque dei cognati e dei generi dei Medici: uomini che pur occupando posizioni di rilievo nella società del tempo furono relegati a un ruolo da comprimari, dopo aver unito il proprio destino a quello della famiglia più amata (e talvolta odiata) di Firenze. L’epoca di Lorenzo il Magnifico è particolarmente interessante in questo senso, forse perché nei turbolenti anni dell’affermazione della signoria medicea, non bastava far sposare le fanciulle di casa, ma occorreva trovare chi ne sposasse la “causa”.
Lorenzo ebbe tre sorelle e quindi tre cognati: quello meno conosciuto credo sia Leonetto de’Rossi, che nel 1474 sposò Maria, figlia illegittima di Piero il Gottoso (ma allevata insieme agli altri fratelli grazie all’indulgenza di Lucrezia Tornabuoni): sulla coppia si hanno davvero poche informazioni e l’unica certezza è rappresentata dalla nascita del figlio Luigi, nominato cardinale nel 1517 e fedelissimo di papa Leone X.
Il cognato più prestigioso fu sicuramente Bernardo Rucellai (1448-1514) che apparteneva a una famiglia che aveva costruito la propria fortuna grazie alla scoperta del tutto casuale di un suo antenato: nel XIII secolo, infatti, un tale Alamanno Oricellario si era accorto delle proprietà coloranti della roccella, un lichene selvatico, che a contatto con l’orina produceva una sostanza capace di tingere i tessuti di un intenso colore viola. Questa sostanza venne chiamata oricella e fu largamente impiegata nella lavorazione dei panni di lana e di seta, facendo accumulare enormi ricchezze alla famiglia Rucellai, per questo chiamata anche degli Oricellari. Bernardo e suo padre Giovanni (1403-1481) non furono soltanto degli abili mercanti, ma si distinsero anche per i loro studi umanistici: Giovanni ad esempio compose lo Zibaldone quaresimale, un manoscritto ricco di notizie sulla vita della città, ricordi di famiglia e consigli di condotta morale rivolti ai propri figli, mentre Bernardo si dedicò ai trattati di argomento storico.

Per conoscere meglio questi due personaggi facciamo un percorso intorno a Piazza Santa Maria Novella: la facciata della basilica fu completata dal grande matematico e teorico del primo Rinascimento Leon Battista Alberti (1404-1472), che proprio con i Rucellai ebbe un lungo rapporto di amicizia e committenza. Osservando attentamente la decorazione, vi accorgerete dell’iscrizione posta sull’architrave IOHA(N) NES ORICELLARIUS PAV(LI) F(ILIUS) AN(NO) SAL(VTIS) MCCCCLXX (Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, anno 1470) e del fregio con il suo emblema araldico, una vela gonfiata dal vento, presente anche sulla facciata della nuova residenza di famiglia, costruita – forse a partire dal 1446 – nella vicina Via della Vigna.

Palazzo Rucellai era stato il primo degli interventi eseguiti per Giovanni e Leon Battista Alberti aveva affidato i lavori a Bernardo Rossellino, uno dei suoi più validi “essecutori“1. Ben presto l’edificio era diventato un modello di stile e sobria eleganza, costruito secondo i principi contenuti nel De Re Aedificatoria, il manuale di architettura (ispirato al trattato De Architectura scritto da Vitruvio nel I sec. A.C.) pubblicato dal maestro alcuni anni dopo 2. Egli aveva reintrodotto numerosi elementi classici come le paraste, i capitelli, il reticolato romano sopra la panca di via e la loggetta all’ultimo piano (che vista dalla strada resta nascosta dalle mensole che sorreggono il cornicione) presenti sulla facciata insieme ai simboli delle famiglie Rucellai e Medici (il mazzocchio con tre piume apparteneva a Cosimo il Vecchio, l’anello con due piume a Piero il Gottoso e i tre anelli con diamante a Lorenzo).


I rapporti tra le due famiglie si fecero molto stretti dal 1466, anno in cui fu celebrato il matrimonio tra Bernardo e Lucrezia, detta Nannina (1448-1493) sorella maggiore di Lorenzo il Magnifico. Questa unione ebbe un preciso significato politico e fu ricordata nelle cronache del tempo per lo sfarzo dei festeggiamenti, che durarono 3 giorni e si svolsero su di un “palchetto” addobbato da fiori, festoni e arme di famiglia, che per l’occasione era stato montato nello spazio tra il palazzo e la loggia, che ancora oggi si può vedere in un angolo della piazzetta. Unico esempio di loggia privata rimasto a Firenze, questa originale costruzione fu commissionata sempre da Giovanni all’Alberti qualche anno prima del matrimonio del figlio: nel 1677 essa venne tamponata e divenne lo studio dello scultore Giovanni Battista Foggini. In seguito fu destinata a diverse funzioni (tra cui ufficio postale) e nel 1963 le arcate murate vennero riaperte, sottoponendo a restauro l’intera struttura, che attualmente ospita al suo interno un esercizio commerciale.


Un’altra opera realizzata in quegli anni e tra i progetti più affascinanti di Leon Battista Alberti, fu la cappella con la tomba di Giovanni Rucellai, nella ex chiesa di San Pancrazio (oggi Museo Marino Marini)3. Al centro della cappella era stato posto il Tempietto del Santo Sepolcro, una piccola costruzione che doveva riprodurre la sepoltura di Cristo a Gerusalemme, in modo che i visitatori potessero compiere una sorta di “pellegrinaggio” in Terra Santa ogni volta che entravano in quel luogo. Il Tempietto fu interamente decorato da tarsie marmoree di ispirazione classica, che curiosamente riproducono nuovamente i simboli araldici di Medici e Rucellai.

Il progetto più importante commissionato da Bernardo Rucellai, invece, fu il palazzo con il giardino monumentale che egli si fece costruire tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento in una vasta area già di sua proprietà, dove sorgevano i cosiddetti Orti Oricellari4. Questo luogo ospitò per alcuni anni l’Accademia dei Neoplatonici, che dopo la cacciata dei Medici da Firenze aveva dovuto lasciare la Villa di Careggi: gli incontri vennero diretti da Bernardo fino alla sua morte e in seguito dai suoi due figli, Palla e Giovanni, ospitando molti illustri uomini di cultura del tempo, tra cui Gian Giorgio Trissino e Niccolò Machiavelli. Agli Orti si discuteva spesso anche di politica e la crescente diffusione di sentimenti anti-medicei tra i suoi membri portò alla chiusura definitiva del circolo nel 1523, dopo il fallimento di due complotti, in cui era rimasto coinvolto lo stesso Machiavelli5.

Il cognato più sfortunato del Magnifico fu Guglielmo de’Pazzi (1437-1516), nipote di quello Jacopo de’Pazzi che nel 1478 organizzò la famosa congiura durante la quale rimase ucciso Giuliano de’Medici. Guglielmo era ricco e avviato a una brillante carriera politica: nel 1460 aveva sposato Bianca (1445-1488), l’altra sorella di Lorenzo, per appianare alcune divergenze e tensioni che si erano venute a creare tra le due famiglie. La coppia ebbe ben 16 figli: Guglielmo e Bianca si dichiararono sempre estranei alla congiura e nonostante gli ottimi rapporti con Lorenzo, furono comunque condannati all’esilio, poi revocato nel 1494. Lei morì alcuni anni prima del ritorno in città, a soli 43 anni, mentre lui ebbe una vita ancora lunga che trascorse tra i vari incarichi pubblici che gli vennero affidati, fino alla nomina a Gonfaloniere ottenuta nel 1513 all’età di 75 anni.

Ma dove abitavano i Pazzi a Firenze? La nostra passeggiata prosegue per raggiungere il palazzo che lo zio di Guglielmo fece costruire a Giuliano da Maiano (fratello di Benedetto e seguace di Brunelleschi) probabilmente tra il 1458 e il 1469. L’edificio, pur rispettando tutte le indicazioni del trattato di Leon Battista Alberti, presentava una originale sistemazione della facciata, rivestita in bugnato rustico al piano terra e l’intonaco bianco ai piani superiori, rendendo la residenza di Jacopo Pazzi molto bella e innovativa. All’angolo della strada si vede il grande stemma di famiglia (l’originale attribuito a Donatello si trova nell’atrio di ingresso) su cui sono raffigurati due delfini con cinque crocette dorate: secondo la leggenda, in origine l’arme dei Pazzi era composta da delle mezzalune (simili a quelle degli Strozzi) ma dopo l’eroica impresa compiuta da Pazzino nel corso della prima crociata, Goffredo di Buglione gli fece dono del proprio emblema araldico. In realtà il simbolo dei Bouillon era diverso e i Pazzi lo ricevettero in dono dai conti di Bar6 alla fine del Trecento: delfini e piccoli vasi che ricordano il fuoco sacro si trovano scolpiti anche sui capitelli del cortile.
Dopo le condanne dei responsabili della congiura, tutti i beni dei Pazzi vennero confiscati e il palazzo finì nelle dotazioni di Maddalena de’Medici (1473-1519), figlia di Lorenzo e data in sposa nel 1488 a Francesco Cybo (1450-1519) detto “Franceschetto” per la sua bassa statura e figlio di papa Innocenzo VIII. Il matrimonio si era reso “necessario” per mantenere buoni rapporti con il pontefice, che con la sua politica di alleanze rischiava di mettere in pericolo Firenze e il Magnifico dovette concedere la sua amata figlia, che allora aveva solo 14 anni, a un uomo che ne aveva quasi 40. Le nozze furono celebrate il 20 gennaio 1488 e la coppia visse tra Roma, Firenze e la Toscana fino all’elezione di Leone X, fratello di Maddalena, da cui trasse numerosi benefici, rafforzando la propria posizione presso la corte papale. Non di rado, in effetti, Franceschetto ebbe problemi economici dovuti al suo vizio per il gioco d’azzardo e le scappatelle amorose che pure non gli impedirono di avere sempre buoni rapporti con il suocero, mentre quelli con il cognato Piero furono decisamente più tesi. Il palazzo di Via del Proconsolo rimase di proprietà della famiglia Medici fino al 1593 e alla fine del Settecento venne acquistato dai Quaratesi; dal 1931 è di proprietà dell’ INPS.
A pochi passi da qui, in via del Corso 6, si trova un altro palazzo legato alla cerchia del Magnifico, già di proprietà dei Portinari7 e che nel Cinquecento fu acquistato da Jacopo Salviati (1461-1533), ricco banchiere e personaggio molto influente della sua epoca, spesso costretto a lavorare nell’ombra e per questo non particolarmente amato dai fiorentini8. Egli divenne genero e amico del Magnifico nel 1486, quando sposò Lucrezia (1470-1553), la figlia primogenita di Lorenzo e Clarice, ma dopo la cacciata dei Medici nel 1494 sembrò allontanarsi dalla famiglia, dando il suo appoggio a Girolamo Savonarola; in seguito sostenne l’elezione di Pier Soderini a Gonfaloniere a vita e ricoprì alcune cariche pubbliche nel periodo della Repubblica. Dopo l’elezione di Leone X si schierò nuovamente a fianco dei suoi parenti, ottenendo prestigiosi incarichi9 e numerosi favori dal giovane cognato: decise inoltre di adottare Giovanni, figlio di Giovanni di Piefrancesco de’ Medici e Caterina Sforza, rimasto orfano di entrambi i genitori e dal carattere impulsivo e rabbioso. Il giovane fu indirizzato verso la carriera militare e divenne un famoso condottiero, combattendo inizialmente al servizio del papa con delle insegne di colore bianco e che alla sua morte vennero trasformate in “bande” nere come segno di lutto (da qui il nome di Giovanni dalle Bande Nere). Iacopo Salviati gli fece sposare sua figlia Maria (1499-1543), ragazza mite e paziente, che ben poco amore e attenzioni ricevette dal suo intrepido marito, sempre impegnato a far la guerra e a frequentare prostitute10: la coppia visse per un breve periodo in questo palazzo e dalla loro unione nacque un unico figlio, il futuro Cosimo I, a cui la mamma dedicò tutta la sua vita e destinato a un brillante avvenire. Ma questa è tutta un’altra storia e ve la racconto una prossima volta 🙂

Note
1 Leon Battista Alberti rimase in buona parte un teorico perché delegò la realizzazione pratica dei suoi progetti ad altri architetti, definiti “essecutori” da Giorgio Vasari nelle sue Vite.
2 La prima edizione originale del manuale è del 1450.
3 Si ritiene che la chiesa di San Pancrazio possa avere origini paleocristiane. Secondo Giovanni Villani era stata fondata da Carlo Magno, anche se le prime notizie certe risalgono all’anno 931. Essa fu rimaneggiata nel Settecento e sconsacrata nel 1808, secondo le leggi napoleoniche: allora venne rifatta la facciata, usando le due colonne e la trabeazione della cappella all’interno della chiesa (anche questa progettata da Alberti), mentre i due leoni sono dell’epoca. L’intero edificio fu destinato ad altri usi, come la sede del Gioco del Lotto e in seguito Manifattura Tabacchi. Solo negli anni Ottanta venne recuperato e restaurato e nel dal 1986 ospita il museo Marino Marini.
4 Vasari attribuiva palazzo e giardino sempre a un disegno dell’Alberti, anche se egli era morto da diversi anni.
5 Il nome di Machiavelli spuntò durante le “indagini” del complotto organizzato nel 1513 e l’ex cancelliere venne condannato al confino, mentre i due maggiori responsabili Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi vennero condannati a morte.
6 Il ducato di Bar era un feudo imperiale che si trovava nella regione delle Ardenne. Non si conoscono con esattezza i meriti che portarono il casato francese a concedere questo privilegio ai Pazzi.
7 In origine sorgevano qui le case di Folco Portinari (padre della Beatrice dantesca e fondatore dell’ospedale di Santa Maria Nuova) che nel Quattrocento vennero trasformate in un palazzo a due piani, poi nuovamente ristrutturato nel Cinquecento.
8 Francesco Vettori e Guicciardini non gli risparmiarono accuse di opportunismo, ricordando le sue simpatie per il Savonarola e il riavvicinamento ai Medici dopo le elezioni a pontefice di Leone X e Clemente VII.
9 Oltre ad essere scelto come banchiere di famiglia, svolse le cariche di ambasciatore, gonfaloniere, tesoriere di Romagna e delle saline e commissario della decima: non tutte gli portarono grandi benefici finanziari, ma indubbiamente ne aumentarono il prestigio insieme al titolo cardinalizio ricevuto dal figlio Giovanni nel 1517.
10 I più recenti studi sulle ossa di Maria Salviati compiuti dall’Università di Pisa hanno dimostrato che la donna era malata di sifilide, come dimostrano le lesioni tipiche della malattia nelle ossa del cranio. Questa scoperta è stata molto importante perché in nessun documento dell’epoca se ne era mai fatto cenno, anche se era nota la riluttanza di Maria a farsi visitare dai dottori, probabilmente per non farne vedere i segni.
Una opinione su "Piume, vele e delfini"