Ordine, ritmo, semplicità: tre parole che racchiudono l’essenza di un artista, usate dal mio professore di storia dell’arte delle superiori per spiegarci l’architettura del Brunelleschi. A distanza di tanti anni me le ricordo ancora e spesso le rammento durante le mie visite guidate. Il nome del maestro che inventò il Rinascimento a Firenze resta indissolubilmente legato alla straordinaria impresa della cupola del duomo, ma in realtà egli progettò diversi altri edifici in città: ecco quali sono i principali luoghi da vedere.
Lo Spedale degli Innocenti (1419-1427)

Quella di Brunelleschi è un’arte “ragionata” e tutte le sue opere hanno un denominatore comune: si tratta di strutture modulari, organizzate secondo uno schema fisso che si ripete in successione e in cui ogni parte è strettamente legata all’altra da precisi rapporti di proporzione.
Una visione razionale dello spazio apparsa fin dal suo primo progetto, lo Spedale degli Innocenti, commissionato dalla potente Arte della Seta e destinato al ricovero dei bambini orfani e abbandonati; l’architetto iniziò i lavori nel 1419 mentre era ancora in attesa dell’assegnazione dell’incarico per la cupola e rimase a capo del cantiere fino al 1427, quando si impegnò in modo esclusivo con l’Opera del Duomo. Sotto la sua direzione vennero costruiti il portico, il cortile d’ingresso (il Chiostro degli Uomini) e i due edifici rettangolari paralleli ad esso (la chiesa e l’abituro dei fanciulli), poi i lavori vennero affidati a Francesco della Luna, che apportò diverse modifiche al prospetto originario. Brunelleschi aveva elaborato un complesso semplice e funzionale, che si rifaceva direttamente ai modelli dell’architettura classica da lui studiati a lungo e dava inizio ad un profondo rinnovamento dell’architettura fiorentina: rigore geometrico e purezza formale divennero le caratteristiche fondamentali del suo linguaggio, già molto evidenti nel portico della facciata, lungo ben 71 metri e retto da 9 campate con archi a tutto sesto 1.

La struttura mostra anche gli altri elementi tipici del suo stile: uno degli aspetti più innovativi era dato dall’originale accostamento dei colori e dei materiali, con l’alternanza del bianco dell’intonaco e del grigio della pietra serena, impiegata per le cornici e le strutture portanti dell’edificio 2, insieme all’uso del pulvino, una sorta di dado posto tra il capitello e l’imposta dell’arco, ripreso dalla tradizione bizantina. Altro motivo decorativo ricorrente era quello degli “occhi” nei peducci, lasciati inizialmente vuoti e poi decorati nel 1487 con le famose terrecotte di Andrea della Robbia raffiguranti dei piccoli in fasce. Il piano superiore, che nel progetto di Brunelleschi non era previsto 3, venne in effetti realizzato da Francesco della Luna dopo il 1435 per coprire la visuale sui corpi di fabbrica ai lati del cortile centrale: egli mantenne la stessa successione modulare del portico, ma prendendo come elemento di base una finestra rettangolare con timpano simile a quelle del Battistero.

Lo Spedale fu inaugurato nel 1445 e la prima bambina ad essere accolta venne chiamata Agata Smeralda. L’istituto continua ad operare ancora oggi in favore dei bambini e delle famiglie, con diversi servizi e attività: è inoltre sede del Museo degli Innocenti, in cui è possibile ripercorrere le vicende storiche, visitare i chiostri e la bella pinacoteca, con le opere d’arte commissionate per l’orfanotrofio e la sua chiesa nel corso dei secoli.
La Basilica di San Lorenzo (dal 1421)

Agli inizi del Quattrocento, l’antica basilica di San Lorenzo, consacrata nel 393 da Sant’Ambrogio e ristrutturata nel XI secolo, era ancora un edificio dalle tipiche forme in stile romanico. Nel 1418 il priore Matteo Dolfini, ottenne dalla Signoria il permesso di abbattere delle vecchie case addossate alla chiesa ed elaborò un progetto per ampliare l’area del transetto. I lavori iniziarono nel 1421 e tra i suoi maggiori finanziatori vi fu Giovanni di Bicci de’Medici, che aveva già commissionato a Brunelleschi il progetto per la costruzione della Sagrestia Vecchia e della cappella dei Santi Cosma e Damiano: è dunque molto probabile che alla morte di Dolfini, avvenuta alla fine del 1421, egli abbia affidato all’artista la ricostruzione dell’intera basilica. La sagrestia e la cappella furono ultimate nel 1428 (le esequie di Giovanni furono celebrate in sagrestia l’anno successivo), ma il resto del cantiere andò avanti molto a rilento. Nel 1441 Cosimo il Vecchio si accollò quasi per intero le spese e assegnò la direzione dei lavori prima a Michelozzo e poi ad Antonio Manetti: quando anche lui morì, nel 1464, la chiesa era ormai stata consacrata e la sua tomba venne posta nel pilastro che si trova nella cripta sotto all’altare maggiore.

Il nuovo edificio aveva mantenuto la tradizionale impostazione delle più importanti basiliche fiorentine (Santa Croce, Santa Maria Novella e Santa Trinita), che prevedeva una pianta a croce latina e cappelle nel transetto e nelle navate, ma con una rigorosa scansione modulare degli spazi, che riprendeva l’impianto prospettico del portico degli Innocenti 4 e lo sviluppava in modo simmetrico nelle due navate laterali. Tradotto significa: fu come prendere il loggiato dello Spedale e ricostruirlo dentro la chiesa in due blocchi, uno di fronte all’altro 😉. I lunghi tempi di costruzione e le modifiche successivamente apportate dal Manetti, non ci consentono di vederlo secondo il progetto iniziale di Brunelleschi 5, tuttavia nel suo insieme, l’interno di San Lorenzo ha mantenuto un aspetto armonioso e suggestivo.
La sagrestia Vecchia (1421-1428)

Commissionata dai Medici come cappella funeraria di famiglia, è l’unica costruzione realizzata integralmente da Brunelleschi: i lavori terminarono nel 1428 e l’anno successivo vi si svolsero i funerali di Giovanni di Bicci, sepolto insieme alla moglie Piccarda Bueri nell’elegante sarcofago di marmo scolpito da Donatello e Andrea Cavalcanti (il figlio adottivo di Brunelleschi), che nel 1433 venne posto sotto al tavolo al centro della stanza e in asse con la lanterna della cupola. Sempre Donatello realizzò la decorazione in stucchi policromi costituita dal fregio sulla trabeazione con cherubini e serafini, le Storie di San Giovanni Evangelista nei tondi dei pennacchi della cupola, Gli Evangelisti nei tondi sulle pareti e le lunette con i Santi Stefano e Lorenzo e i Santi Cosma e Damiano sopra ai vani laterali con i battenti in bronzo delle porte: architettura e scultura sembravano fondersi in un insieme perfetto, eppure si racconta che Brunelleschi fu molto seccato dall’intervento dell’amico, che a suo parere aveva rovinato l’equilibrio della struttura.

La Sagrestia Vecchia fu concepita attraverso la combinazione di cubi e sfere, partendo dallo studio del modulo del cerchio iscritto nel quadrato che ebbe una grande fortuna stilistica.
L’ambiente è composto da due vani a pianta quadrata di diversa altezza, quello centrale, coperto da una cupola emisferica a ombrello con 12 spicchi e la scarsella affiancata da due piccoli ambienti di servizio: nella cupoletta sopra l’altare si trova il singolare affresco del Pesello che raffigura il cielo sopra Firenze nella data del 4 luglio 1442, probabilmente realizzato in collaborazione con l’astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli. Sulla parete sinistra si trova la tomba di Piero e Giovanni de’ Medici (rispettivamente il padre e lo zio di Lorenzo il Magnifico), celebre opera in marmo, bronzo e porfido eseguita nel 1472 da Andrea del Verrocchio.

Attualmente nel complesso è consentita la visita della basilica e della Sagrestia Vecchia senza obbligo di prenotazione; alla riapertura è tornato visibile il ricetto di sinistra in cui si trova un bellissimo lavabo in marmo attribuito sempre ad Andrea del Verrocchio. Per il chiostro e i sotterranei monumentali (in cui si trovano le tombe di Cosimo il Vecchio e Donatello) è invece prevista la visita guidata a orari prestabiliti, per cui vi consiglio di consultare sempre il sito dell’Opera Medicea Laurenziana.
La Cappella Pazzi in Santa Croce (dal 1429)

Terminata la sagrestia in San Lorenzo, Brunelleschi accettò l’incarico per la costruzione della sala capitolare nel convento francescano di Santa Croce, a spese del ricco banchiere Andrea de’Pazzi: i lavori iniziarono nel 1433 e proseguirono con molta lentezza ben oltre il 1445, anno della morte del committente, che lasciò una grossa somma di denaro per il suo completamento. Nel 1446 morì lo stesso Brunelleschi e il cantiere risultava ancora aperto nel 1478, pertanto sembra difficile stabilire quanto l’edificio che vediamo oggi possa essere aderente al suo progetto originario. Certamente egli volle sviluppare il modello sperimentato nella Sagrestia Vecchia, ma trasse ispirazione anche dal cosiddetto Cappellone degli Spagnoli di Santa Maria Novella: l’ambiente è formato da un vano centrale a pianta quadrata 6 sormontato da una cupola, preceduto da un portico (forse la parte con le modifiche più rilevanti, terminata più di 30 anni dopo la morte dell’artista) e affiancato da una scarsella comunicante con un altro locale riservato alla sepoltura dei membri della famiglia Pazzi. Una panca in pietra serena corre lungo tutto il perimetro della cappella (del resto questa era usata come sala riunioni!) su cui poggiano lesene corinzie alternate ad archi tamponati sulle pareti; la decorazione è anche qui composta da un fregio in terracotta nella trabeazione, i Quattro Evangelisti nei pennacchi della cupola e i medaglioni con i Dodici Apostoli in terracotta invetriata di Luca della Robbia, legato a Brunelleschi da una fraterna amicizia.
La Cappella Pazzi fa parte del percorso speciale del Museo di Santa Croce. Gli orari e i giorni di apertura vengono continuamente aggiornati e anche in questo caso vi consiglio di consultare il loro sito e acquistare i biglietti on line.
Santo Spirito (dal 1434)

Fu l’ultima grande commissione affidata a Brunelleschi, la più originale e innovativa tra le sue costruzioni a Firenze. Egli aveva fornito il progetto per la ricostruzione della chiesa fin dal 1434, ma purtroppo i lavori non iniziarono prima del 1444, due anni prima della sua morte e quando la direzione del cantiere passò ad Antonio Manetti (in collaborazione con Giovanni da Gaiole e Salvi d’Andrea) furono apportate varie modifiche al progetto iniziale. L’impianto della basilica è molto simile a quello di San Lorenzo, di cui riprende il modulo e le misure 7, ma con le cappelle alte quanto le navate laterali e a forma di nicchia, disposte anche lungo tutto il perimetro del transetto. La complessa articolazione dello spazio e la ripetizione ritmica e regolare dei suoi elementi architettonici resero l’insieme estremamente dinamico, anche se nel piano di Brunelleschi era prevista una maggiore dilatazione delle strutture, con la costruzione delle cappelle in facciata (che così avrebbe avuto 4 ingressi), la volta a botte nel soffitto e soprattutto il profilo delle nicchie lasciato a vista lungo i fianchi esterni della chiesa, simili a quelli nel duomo di Orvieto 8. In pratica si sarebbe dovuto creare una sorta di effetto “rigonfiamento”, che però i suoi successori considerarono decisamente troppo ardito 9 e preferirono ricorrere a soluzioni più in linea con il gusto del tempo: tuttavia lo scorcio prospettico resta impressionante e difatti lo stesso Michelangelo ne rimase talmente colpito da dare a Santo Spirito il soprannome di “canneto”.
Nella basilica si trovano ben 38 cappelle, decorate da numerosi artisti in varie epoche: secondo il Libro di Antonio Billi 10 , Brunelleschi avrebbe disposto gli altari in modo diverso, staccati dal muro e senza ancone, in modo che il prete potesse dare <<il volto alla chiesa a dire messa>>, secondo l’antica tradizione paleocristiana. Ma anche in questo caso, dopo la consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1481, si decise di adottare una tipologia più gradita alle famiglie committenti, con l’altare addossato alle pareti decorato da una pala quadrata con predella e paliotto 11, come quelle che si vedono nel transetto, dove si trovano molte cappelle che hanno mantenuto l’originale arredo quattrocentesco: tra queste vi segnalo la cappella Corbinelli con la Madonna in trono col Bambino e i Santi Agostino e Pietro e soprattutto la bellissima Pala Nerli di Filippino Lippi. Altra opera di assoluto prestigio conservata nella sagrestia della chiesa è il Crocifisso di Michelangelo (1493), che l’artista scolpì per ringraziare il priore per la sua ospitalità e per avergli permesso di studiare anatomia praticando la dissezione dei cadaveri 12.
L’ingresso alla basilica è gratuito e non occorre la prenotazione. Per la visita della sagrestia, del Chiostro e del Refettorio è invece previsto il pagamento di un contributo di 2 euro a persona (link al sito della basilica).
Note
1 Lo spazio architettonico di Brunelleschi è misurato matematicamente ed è composto da unità modulari. Il modulo di riferimento dello Spedale è l’arco a tutto sesto con la sottostante campata con il lato pari a 10 braccia fiorentine (circa 5 metri). Se l’unità di base A è data dalla distanza tra le colonne e l’altezza di ciascuna colonna, A/2 sarà l’altezza di ciascun arco e 2A la distanza tra le gradinate e le finestre del primo piano.
2 Agli inizi del Quattrocento questi materiali erano molto convenienti per il basso costo, poi divennero largamente impiegati nell’architettura rinascimentale.
3 Una rara immagine del portico costruito da Brunelleschi è visibile nell’affresco di Benozzo Gozzoli a San Gimignano, nella scena delle Esequie del Santo, nel ciclo dedicato alla vita di Sant’Agostino.
4 La campata a base quadrata con il lato di 11 braccia fiorentine.
5 Nel progetto di Brunelleschi le cappelle erano a pianta quadrata e non rettangolare e dovevano fare il giro di tutto il perimetro (come a Santo Spirito). Anche il soffitto, decorato a cassettoni con rose dorate, doveva avere una semplice volta a botte.
6 Rispetto alla Sagrestia Vecchia vennero aggiunte due porzioni rettangolari simmetriche che ne raddoppiano l’ampiezza.
7 Il modulo di base è formato da una campata quadrata con lato di 11 braccia fiorentine.
8 Anche la cupola doveva essere diversa, come quella della Sagrestia Vecchia, più bassa, senza tamburo e con gli oculi nelle vele, che avrebbero dato maggiore illuminazione all’altare.
9 Non mancarono i difensori del progetto di Brunelleschi: tra questi vi fu l’amico Paolo dal Pozzo Toscanelli e l’architetto Giuliano da Sangallo, che invocò invano l’intervento del Magnifico.
10 Si tratta di un manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale, scritto da un mercante fiorentino vissuto tra la seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento: esso contiene una serie di notizie sulla vita degli artisti (come nelle Vite di Vasari) e anche se non è privo di errori resta una preziosa fonte di informazioni.
11 Il paliotto d’altare era la decorazione frontale di un altare e poteva essere dipinti, scolpito o anche ricamato.
12 Morto Lorenzo il Magnifico, Michelangelo si trovò in grosse difficoltà: egli aveva solo 18 anni e chiese ospitalità al priore del convento di Santo Spirito, che gli permise anche di condurre i suoi studi di anatomia, fornendogli i cadaveri da dissezionare.
Riferimenti bibliografici
Elena Capretti, Brunelleschi, Firenze, Giunti, 2003.
Bertelli, Briganti, Giuliano, Storia dell’arte italiana, vol. 2, Milano, Mondadori, 1990.