Qualche giorno fa sono rientrata nella chiesa del monumentale complesso di Piazza San Firenze. Non sono molte le chiese in stile barocco in città e questa costruzione venne iniziata nel 1640 su progetto di Pier Francesco Silvani in onore di San Filippo Neri, che era stato canonizzato pochi anni prima.

I lavori furono completati nel 1715 da Ferdinando Ruggieri, mentre l’impianto e le decorazioni interne vennero realizzate sotto la direzione di Gioachino Fortini, con sculture, rilievi e dipinti eseguiti da artisti molto importanti, tra i quali compaiono Anton Domenico Gabbiani, Antonio Puglieschi, Matteo Bonechi, e Zanobi del Rosso, mentre il soffitto a cassettoni con al centro la Gloria di San Filippo Neri è opera di Camillo Sagrestani.

Ma chi era San Filippo Neri – fiorentino di nascita che trascorse buon parte della sua vita a Roma – e come mai viene spesso ricordato come il Santo della Gioia?
Filippo era nato nel 1515 in Oltrarno, nella parrocchia di San Pier in Gattolino. Suo padre Francesco era un notaio e rimase vedovo quando Filippo aveva solo 5 anni, così lui e le due sorelle vennero cresciuti dalla sua seconda moglie. Studiò nel convento di San Marco, ma all’età di 18 anni venne mandato a Cassino da uno zio che lo avrebbe dovuto avviare all’attività di commerciante.

Fu proprio in questo periodo che Filippo sentì la vocazione e nel 1534 decise di recarsi a Roma come pellegrino. Qui conobbe il fiorentino Galeazzo Caccia, il capo della Dogana Pontificia, che lo prese in casa sua come precettore dei suoi figli. Egli avrebbe potuto condurre una vita serena e agiata e invece scelse di trascorrere molto tempo in strada, prestando il suo aiuto ai poveri e facendo il volontario presso l’ospedale di San Giacomo degli Incurabili.
Ordinato sacerdote nel 1551, Filippo Neri raccolse attorno a sé una comunità sempre più numerosa di persone, che inizialmente si riuniva nell’oratorio della chiesa di San Girolamo della Carità e poi in quello di Santa Maria in Vallicella, diventata la sede della congregazione da lui fondata e riconosciuta da papa Gregorio XIII nel 1575.
Egli professava una forma di apostolato del tutto inedita per l’epoca, basata sull’ascolto e la pratica spirituale attiva da parte dei fedeli, attraverso gli esercizi di devozione e le opere di misericordia. Divennero popolari la sua pazienza e la sua disponibilità ad accogliere le confessioni a ogni ora del giorno, ma anche la sua instancabile presenza tra i giovani e i bisognosi.
Filippo ci viene descritto come un santo per certi versi atipico. Egli amava ritirarsi in meditazione e si sottoponeva spesso a digiuni, tuttavia amava stare in mezzo alla gente e in particolare tra i giovani. Chi lo aveva conosciuto ne ricordava la semplicità e la bontà, ma anche la proverbiale simpatia, da cui deriva la definizione di “santo della gioia”.
Il suo ricordo era ancora particolarmente vivo tra i fedeli quando egli venne beatificato a soli venti anni dalla sua morte (avvenuta nel 1595) e infine dichiarato santo nel 1622 da papa Gregorio XV.
