Una casa – manifesto in cui l’artista più influente alla corte di Cosimo I de’ Medici si presenta come discendente dei grandi maestri dell’antichità e offre un compendio della sua visione accademica dell’arte: visitiamo Casa Vasari, la residenza fiorentina di Giorgio Vasari, in cui si conserva un prezioso ciclo di affreschi eseguito probabilmente intorno al 1572 con la collaborazione dei suoi allievi e dell’amico Vincenzo Borghini.

Foto Sailko
Per entrare in casa Vasari dobbiamo recarci in Borgo Santa Croce, proprio a due passi dalla basilica francescana. Arrivati al civico 8, ci troveremo di fronte a un palazzo a tre piani, con le caratteristiche finestre centinate e le cornici marcapiano: quelle del piano nobile corrispondono al grande salone interno della casa dell’artista, detto Sala Grande o degli Artisti, in cui si trovano gli affreschi. Vi segnalo, per la sua rarità, la finestrella per bambini posta al di sotto della finestra centrale del primo piano.

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Varcato il massiccio portone d’ingresso si percorre un lungo androne che conduce a una piccola corte interna, in cui sono visibili alcune preesistenze trecentesche dell’edificio e sulla parete di fondo, una pittura murale molto rovinata, con due figure allegoriche ai lati di uno stemma non più leggibile. Casa Vasari è rimasta di proprietà dei discendenti dell’artista fino al 1687 e nella prima metà dell’Ottocento l’immobile è stato acquistato dalla nobile famiglia Morrocchi, a cui appartiene ancora oggi. Risalgono a quel periodo alcuni lavori di trasformazione dell’antico palazzo, come le scale a pozzo, l’ampliamento del portale d’ingresso e la creazione del mezzanino.
Giorgio Vasari si era stabilmente trasferito in Toscana nel 1553, dopo aver vissuto tra Firenze, Roma, Napoli e Venezia e si era messo al servizio di Cosimo I, lavorando come architetto, pittore e scenografo di corte.
Egli coinvolse nei suoi progetti lo storico e filologo Vincenzo Borghini, al quale fu legato da profonda stima e amicizia, lavorando insieme al programma iconografico di numerosi cicli di decorazione per la famiglia Medici (come nel Salone dei Cinquecento e lo Studiolo di Francesco I). Nel 1552 Borghini fu nominato Direttore dello Spedale degli Innocenti e nel 1563 ebbe un ruolo fondamentale anche nella fondazione della nuova Accademia delle Arti del Disegno, che traeva origine dall’antica Compagnia di San Luca, fondata nel 1339. La confraternita medievale era composta in prevalenza da pittori ed era stata creata per condividere pensieri ed esperienze di lavoro: va infatti ricordato che gli artisti non avevano un sindacato autonomo, ma secondo gli statuti allora in vigore dovevano essere immatricolati nell’Arte dei Medici e Speziali (i pittori) e nell’Arte dei Maestri di Pietra e Legname (gli architetti e gli scultori). Gli incontri della compagnia, tuttavia, erano sporadici e la sua attività non ebbe seguito, finché Giorgio Vasari si adoperò per ricostituire l’antica istituzione: egli si rivolse a Borghini e alcuni tra i suoi più stimati colleghi – Agnolo Bronzino, Bartolomeo Ammannati e Vincenzo de Rossi – per convincere Cosimo I a fondare un’accademia contraddistinta dall’esercizio del disegno e del suo adeguato insegnamento e che riconoscesse l’eccellenza del lavoro svolto dagli artisti e la dignità assunta dal loro ruolo sociale.
L’abitazione in Borgo Santa Croce venne presa in affitto da Vasari nel 1557 e nel 1561 gli venne donata per i servizi da lui resi al duca Cosimo.
La decorazione ad affresco della Sala Grande riprendeva i temi già presenti nella casa di Arezzo, i cui lavori erano stati completati qualche anno prima, esaltando la Virtù dell’Artista trionfante su Fortuna e Invidia, l’ideale discendenza dagli artisti dall’antichità e la celebrazione di alcuni di questi già presenti nelle Vite.
Sulla parete a sinistra dell’ingresso (quella con il camino in pietra serena) è raffigurata l’Origine della Pittura, in cui si vede un ragazzo che ripassa la sua ombra sul muro. Ai lati sono rappresentate le allegorie della Scultura e della Poesia e proprio sopra al camino il ritratto di Giorgio Vasari.

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La parete a destra mostra le Storie di Apelle, il leggendario pittore greco vissuto nel IV secolo A.C. diventato il prediletto di Alessandro Magno e noto per la sua straordinaria abilità nel disegno. Sulla sua vita si conoscevano vari aneddoti, riportati da Plinio il Vecchio nella sua enciclopedia Naturalis Historia (XXXV), tra cui un episodio che aveva per protagonista un calzolaio. Si diceva che Apelle avesse l’abitudine di mostrare i suoi lavori all’ingresso della bottega e di nascondersi dietro l’opera per ascoltare i commenti dei passanti. Così un giorno passò di lì un calzolaio che fece una critica sui calzari di una figura e il pittore si affrettò a correggere il suo errore. Il giorno dopo, quando il calzolaio si accorse della modifica si mise a criticare anche la forma del piede, ma stavolta l’artista venne fuori dicendo “Sutor, ne ultra crepidam” (Ciabattino, non andare oltre le scarpe). Forse la scelta di questa storia voleva essere una risposta alle critiche avanzate al maestro dalle nuove generazioni di artisti dell’epoca, in difesa delle proprie conoscenze e competenze. L’ultima figura a sinistra raffigura l’allegoria della Musica ed è l’unica parte affrescata nell’Ottocento, quando venne chiusa una porta che si trovava su questo lato della stanza.

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La parete successiva mostra invece le Storie di Zeusi di Siracusa, un altro pittore greco antico, vissuto tra il V e il IV secolo A.C. diventato molto famoso ad Atene per aver sviluppato la pittura su tavola e per il naturalismo delle sue figure (si diceva infatti che l’uva da lui dipinta traesse in inganno anche gli uccelli). Nel Rinascimento furono molto popolari anche gli aneddoti sulla sua vita, tratti sempre dalla Naturalis Historia (XXXV) di Plinio il Vecchio, in particolare quello delle Quattro fanciulle di Agrigento (o Crotone). Si raccontava che per raffigurare Elena nel tempio di Hera Lacinia, l’artista aveva fatto arrivare nel suo studio le ragazze più belle della città, le aveva fatte spogliare e preso la parte più bella di ciascuna di loro per arrivare all’ideale di bellezza perfetto. La scena è suddivisa in due parti, con il regno dell’arte a sinistra (ambientato nello studio del pittore) e il regno della natura a destra (in cui si vede la statua di Artemide Efesia sullo sfondo e due figure in basso che dovrebbero essere la moglie e la madre di Vasari). Ai lati si trovano le allegorie della Pittura e dell’Architettura.

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Dall’ultima parete, quella con le finestre, parte il fregio con i ritratti dei 13 artisti già celebrati nella seconda edizione delle Vite (1568): Cimabue, Giotto, Masaccio, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Andrea del Sarto, Donatello, Brunelleschi, Perin del Vaga, Giulio Romano, Rosso Fiorentino e Francesco Salviati.

Le allegorie, il disegno come elemento unificante di tutte le arti e il rapporto di superiorità dell’arte sulla natura erano tematiche centrali del pensiero vasariano e dell’accademia da lui fondata pochi anni prima. Per questo gli affreschi costituiscono un’importante memoria storica di una stagione straordinaria per Firenze. Dopo un lungo e attento restauro Casa Vasari è stata resa accessibile al pubblico nel 2011 ed è visitabile con il biglietto del Museo Horne.

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Maggiori informazioni:
Casa Vasari è visitabile su prenotazione telefonando al numero 055-244661 (da lunedì alla domenica ore 10-14) o scrivendo una mail a segreteria@museohorne.it. Il ritrovo è presso il museo in via de’ Benci 6.
Il costo del biglietto è di 10 euro (comprensivo dell’ingresso al museo Horne).