La basilica di Santa Maria Novella

E’ il primo monumento che vedi quando arrivi a Firenze in treno: esci dalla stazione, giri l’angolo ed ecco la prima chiesa (gli stranieri lo pensano di sicuro!) con la sua massiccia abside in pietra. E’ la basilica domenicana di Santa Maria Novella, costruita dai frati architetti dell’ordine e che fa parte di uno dei più grandi complessi religiosi della città, ricco di storia e opere d’arte.

I domenicani giunsero a Firenze nel 1219 al seguito di Fra Giovanni da Salerno e si insediarono in Santa Maria delle Vigne, una piccola chiesa fuori dalle mura risalente al XI secolo. L’edificio apparteneva ai canonici del Duomo e si trovava in una zona poco abitata, circondato da orti e giardini.

Tomba di Giovanni da Salerno

La forte influenza esercitata sui fedeli fece crescere rapidamente la nuova comunità e nel 1242 si rese necessaria la costruzione di una chiesa più grande: la cerimonia per la posa della prima pietra si svolse solennemente il 18 ottobre 1279, ma i lavori era già stati avviati da tempo, pare sotto la direzione di Fra Sisto e Fra Ristoro, a cui si aggiunse Fra Jacopo Passavanti, celebre teologo e predicatore dell’ordine. Buona parte del convento venne edificata nel Trecento da Fra Jacopo Talenti e Benci di Cione, ma la consacrazione avvenne solo nel 1420 alla presenza di papa Martino V. I lavori peraltro non si erano ancora conclusi perché la decorazione della facciata (iniziata intorno al 1350 con la creazione dei 3 portali e dei 6 avelli rivestiti di marmo bianco e verde) si interruppe durante il Concilio di Firenze del 1439 e venne ripresa solo una ventina di anni dopo su commissione di Giovanni Rucellai, che affidò l’incarico a Leon Battista Alberti. Il grande teorico e umanista del Primo Rinascimento progettò il completamento superiore della facciata, integrando le preesistenze gotiche con elementi tipici dell’architettura classica, in una composizione diventata un modello di armonia ed equilibrio. L’opera venne completata nel 1470, come riporta l’iscrizione in latino scolpita sulla trabeazione.

Facciata di Santa Maria Novella
Interno della basilica

L’interno a tre navate venne modificato a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento nel 1565 da Giorgio Vasari che demolì il tramezzo e ricostruì gli alterali laterali secondo il gusto manierista dell’epoca.

La presenza di due gradini segnala il punto in cui si trovava la parete divisoria, dove nel 2001 è stato ricollocato, dopo un intervento di restauro, il bellissimo Crocifisso di Giotto, una delle opere più antiche ancora presenti in chiesa. La grande tavola, posta proprio al centro della navata maggiore in posizione rialzata, raffigura il Christus Patiens, una particolare iconografia del Cristo comparsa nella prima metà del Duecento e profondamente rinnovata dal pittore. Egli conferì una posa molto più naturale alla figura, che non si mostra più inarcata verso sinistra, ma grava su stessa per il peso del corpo, con la testa piegata in avanti.

Il Crocifisso di Giotto, 1289 ca.

Ulteriori lavori di ristrutturazione vennero eseguiti tra il 1858 e il 1860, durante i quali venne ritrovata la Trinità di Masaccio, ultima opera del giovane pittore a Firenze prima della sua partenza per Roma, dove morì in circostanze misteriose nel 1428. L’affresco realizzato lungo la parete della navata sinistra raffigura il Dio Padre che sorregge la croce, con la Madonna e San Giovanni affiancati dai committenti. La scena è incorniciata in un magnifico impianto architettonico che per la sua complessità ha fatto presupporre l’intervento dell’amico Filippo Brunelleschi, al tempo l’unico artista in grado di realizzare una simile visione prospettica. Alla base dell’affresco si vede uno scheletro con la scritta “io fu già quel che voi sete e quel chi son voi ancor sarete” sul cui significato si è dibattuto a lungo: molto probabilmente, più che essere un mero riferimento alla morte, andrebbe ricondotto alle stesse parole pronunciate dal Cristo, in atto di totale sottomissione alla volontà del Padre (Giovanni, 17,10-11)

La Trinità di Masaccio, 1428
Il pulpito è un’opera di Andrea Cavalcanti,
figlio adottivo di Brunelleschi che ci lavorò verso la metà del ‘400

Tra le cappelle del transetto sono assolutamente degne di nota la Cappella Gondi, con il cosiddetto crocifisso delle uova di Brunelleschi, la Cappella Strozzi di Mantova affrescata da Nardo di Cione alla metà del Trecento con il Giudizio Universale, la Cappella di Filippo Strozzi, decorata da Filippino Lippi tra il 1487 e il 1502 con le Storie della vita dei Santi Filippo e Giovanni Evangelista e la Cappella Bardi, dedicata a San Gregorio Magno in cui si trova una finestra bifora ritenuta parte dell’antica chiesa di Santa Maria delle Vigne.

La Cappella Gondi con il Crocifisso delle uova
La Cappella di Filippo Strozzi con
gli affreschi di Filippino Lippi
La Cappella di San Gregorio

Gli affreschi della Cappella Maggiore sono il capolavoro di Domenico Ghirlandaio che lavorò tra il 1485 e il 1490 alle Storie della Vita della Vergine (a sinistra) e di San Giovanni Battista (a destra).

Per ammirare gli affreschi da vicino occorre andare dietro l’altare maggiore: le scene sono incorniciate da finte architetture e si leggono dal basso verso l’alto da sinistra a destra nella parete sinistra e da destra verso sinistra nella parete destra. Oltre che per la sua bellezza, il ciclo pittorico della cappella è molto importante per i ritratti di numerosi personaggi illustri, che rendono questa decorazione un autentico spaccato della società fiorentina dell’epoca.

Le Storie di San Giovanni Battista (parete destra)
Le Storie della Vergine (parete sinistra)

Nella Cacciata di Gioacchino dal Tempio, ad esempio, due gruppi di personaggi fanno da spettatori alla scena biblica: a sinistra è raffigurato Lorenzo Tornabuoni (figlio del committente) insieme ad altri giovani, mentre a destra si riconoscono Sebastiano Mainardi, Domenico Ghirlandaio (vestito di blu e rosso con lo sguardo rivolto verso lo spettatore), il fratello Davide (girato di spalle) e forse il padre, l’orafo Tommaso Bigordi.

La Cacciata di Gioacchino dal Tempio dettaglio con l’autoritratto di Domenico Ghirlandaio

Una delle storie più belle è sicuramente la Natività di Maria, ambientata in una casa del tempo, dove in alto a sinistra, in cima a una scalinata, si vede l’abbraccio tra Anna e Gioacchino, mentre a destra, distesa sul letto, compare nuovamente Anna affiancata dalle nutrici. Tutta la scena è caratterizzata da uno straordinario realismo, come nel gesto della giovane che versa l’acqua e nella decorazione della stanza con pannelli in legno alle pareti e il rilievo con i putti. Al centro si trova un gruppo di donne riccamente vestite: la prima è stata identificata come Ludovica Tornabuoni, figlia del committente, in un elegantissimo abito di broccato dorato, accompagnata da una domestica e altre figure femminili tra cui vi potrebbe essere la zia Lucrezia, sorella del padre Giovanni e madre di Lorenzo il Magnifico.

Natività di Maria
Ritratto di Ludovica Tornabuoni

La stessa figura compare anche nella parete opposta nella scena della Visitazione, che si svolge all’aperto vicino alle mura, con al centro Elisabetta e Maria che si salutano e due gruppi di donne in cui sono presenti Giovanna degli Albizi (moglie di Lorenzo raffigurato nella Cacciata dal Tempio con lo stesso abito della cognata Ludovica, ma con le maniche più corte), Dianora Tornabuoni (moglie di Pier Soderini) e una giovane di cui non si conosce l’identità.

La Visitazione
Ritratto di Giovanna degli Albizi

Un altro ritratto che potrebbe essere quello di Lucrezia Tornabuoni è nella storia che rappresenta la Nascita del Battista (la più anziana nel gruppo di donne a destra) in cui compare un’ancella con un cesto di frutta in testa e l’abito svolazzante.

Molto curata e ricca di ritratti è anche la scena con L’Annuncio dell’angelo a Zaccaria, affollata da sei diversi gruppi di personaggi disposi su vari livelli in cui si compaiono molti notabili fiorentini del tempo e nel gruppo in basso a sinistra gli umanisti dell’accademia neoplatonica: da sinistra Marsilio Ficino, Cristoforo Landino (con il colletto nero) Agnolo Poliziano e Demetrio Greco.

L’annuncio dell’Angelo a Zaccaria

Dalla basilica si passa nell’antico convento, sede del Museo di Santa Maria Novella.

Pubblicato da Elena Petrioli

Guida turistica di Firenze

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