Quando devo pensare cammino, sarà deformazione professionale. È stato verso fine gennaio, non faceva freddo ed eravamo ancora in zona gialla. Quella mattina sono arrivata in centro e ho iniziato a girellare, fermandomi ogni tanto a fare qualche foto.
In realtà ero alla ricerca di un’idea. Mi servivano nuovi spunti per il blog ed ero certa che qualcosa mi sarebbe venuta in mente; in fondo, come diceva la mia amica Silvia, a Firenze anche le pietre per strada hanno una storia da raccontare. Ecco, a pensarci bene, le strade di Firenze potevano essere un tema interessante da sviluppare, magari usando un formato diverso dal solito. Così ho dedicato questi mesi alla scrittura sui social, che si è rivelata piuttosto impegnativa (non è tutto semplice come sembra!) perché richiede costanza, pazienza e molto tempo – inevitabilmente sottratto al blog – ma che poi mi ha dato grandi soddisfazioni sia su Facebook sia su Instagram.
Ma volevo tornare a scrivere qui, perciò ho raccolto e aggiornato i contenuti dei miei post su Instagram e creato delle mini-guide con percorsi, suggerimenti e notizie sulle vie più caratteristiche della città. Il primo itinerario di questa serie parte dalla chiesa che si trova a due passi da Ponte Vecchio e si svolge principalmente in quella che io chiamo l’anima bella di Oltrarno: il rione San Niccolò. Buona passeggiata!
1 #stradedifirenze: il Rione San Niccolò (quartiere di Santo Spirito)

Nel quartiere di Santo Spirito, in Piazza Santa Felicita, sorge la chiesa dedicata alla martire cristiana vissuta nel II secolo, con la facciata “occupata” da un tratto del Corridoio Vasariano. E’ uno degli edifici religiosi più antichi a Firenze e nonostante l’attuale aspetto in stile neoclassico, le sue origini risalgono alla fine del IV o gli inizi del V secolo. Si ritiene che la basilica paleocristiana sia stata distrutta durante le invasioni barbariche e poi ricostruita nel 1055 accanto alla precedente (dove oggi si trova il cortile della canonica) e nuovamente alla metà del Trecento, a seguito della grande epidemia di peste del 1348. I resti della basilica romanica sono riemersi scavando sotto al pavimento insieme a numerose tombe alla cappuccina (sepolture tipiche dell’età imperiale romana destinate alle classi più povere), mentre di epoca gotica restano solamente la Sala Capitolare (affrescata nel 1387 da Niccolò di Pietro Gerini) e il Chiostro, che facevano parte del monastero di clausura delle monache benedettine costruito a fianco della chiesa fin dal XI secolo (entrambi ristrutturati dall’architetto Ferdinando Ruggieri nel 1735).

Le uniche due cappelle a restare intatte durante questi lavori furono la Cappella Canigiani (entrando a sinistra) dedicata alla Madonna della Neve e affrescata nel Cinquecento da Bernardino Poccetti e la Cappella Capponi (la prima a destra), commissionata nel 1420 a Filippo Brunelleschi da Bartolomeo Barbadori per conservare un affresco dell’Annunciazione e in seguito diventata la cappella funeraria di Lodovico Capponi. Il ricco banchiere si era rivolto ad un artista allora molto apprezzato per il suo stile moderno e naturale, Jacopo Carucci detto il Pontormo, autore della meravigliosa Deposizione (che “tecnicamente” non lo è perché raffigura il Trasporto di Cristo) posta sull’altare.

(Foto di Antonio Pagani)
Vi troverete davanti una scena dai colori incredibili – ottenuti con la tecnica della tempera a uovo su tavola – in cui le figure si muovono leggere e sospese in uno spazio senza luogo e senza tempo (l’unico riferimento è dato da una nuvola sullo sfondo) e con dettagli originali, come il personaggio che regge sulle spalle Gesù in punta di piedi o l’autoritratto del pittore che spunta dietro alla Madonna (l’uomo con il cappello verde).

Un’ultima curiosità prima di uscire riguarda i Medici; guardate attentamente la controfacciata e noterete la presenza di un palco in pietra serena, da cui la famiglia granducale poteva assistere alla messa senza dover scendere in chiesa (l’ingresso era dal Corridoio Vasariano).

Pronti per esplorare le vie del quartiere? Allora passate sotto all’Arco de’ Rossi e imboccate Via Stracciatella (che non è riferita al gelato ma probabilmente alla povera gente che abitava in questa zona). Non ci sono edifici di particolare rilievo in questa strada, in buona parte ricostruita dopo la guerra, ma quando vengo da queste parti mi diverto ad andare su e giù da Costa San Giorgio, passando per la Costa del Pozzo e la Rampa dei Canigiani o la Rampa delle Coste.

Rampe e coste a Firenze sono quelle vie in Oltrarno che hanno una forte pendenza (perché da Ponte Vecchio arrivano fino alle mura) e per non fare tutta la salita vi suggerisco di percorrere prima un tratto di Via de’Bardi.

La via prende il nome da un’antica e potente famiglia di banchieri che qui possedeva molte case, ma in origine era chiamata Borgo Petecchioso (cioè pidocchioso), che fu unito alla città solo durante la costruzione dell’ultima cerchia di mura. Inoltre il terreno era spesso soggetto a frane, per cui nel Cinquecento Cosimo I de’ Medici fece costruire il muro di contenimento che ancora oggi vediamo di fronte a Palazzo Capponi alle Rovinate (progettato agli inizi del Quattrocento per il celebre umanista fiorentino Niccolò da Uzzano) e Palazzo Canigiani, unito a quello dei Bardi-Larioni (dove si pensa che abbia vissuto la Beatrice dantesca dopo il suo matrimonio con Simone dei Bardi) realizzato alla fine del Trecento accorpando vari edifici, tra cui uno spedale per il ricovero dei pellegrini e parte del transetto di Santa Lucia dei Magnoli (nota anche come Santa Lucia dei Bardi o delle Rovinate).

Una chiesa con la facciata piccola (a cui magari non tutti prestano attenzione) ma una lunghissima storia, iniziata nel 1078, anno in cui venne fondata dal cavaliere Magnolo di Uguccione – pertanto detta dei Magnoli – e che nel 1211 ospitò San Francesco arrivato per la prima volta a Firenze. Restaurata proprio su commissione di Niccolò da Uzzano, che aveva affidato la decorazione della cappella maggiore a Lorenzo di Bicci (il ciclo viene menzionato da Vasari ma purtroppo è andato perduto), il suo interno mantiene le forme rinascimentali e contiene numerosi dipinti di epoca barocca e del tardo Cinquecento.

In questo punto Via de’Bardi si incrocia con Costa Scarpuccia (nome forse ripreso dalla scarpata della vicina Costa dei Magnoli), dove fino alla metà dell’Ottocento esisteva un grande arco raffigurato anche nelle famose vedute della città di Fabio Borbottoni. Iniziate a salire e girate alla prima a destra per entrare in Via del Canneto (da non confondere con il Vicolo del Canneto nei pressi di Ponte Vecchio), che con i suoi caratteristici archi di rinforzo di colore giallo è per me uno dei luoghi più suggestivi d’Oltrarno. Il nome sembra derivare da un canneto che si trovava sul fiume Arno, ma in realtà la sua denominazione è stata cambiata più volte: all’inizio era Chiasso Bellincioni, poi Via di Sopra, Via Michelozzi e Via dei Bonsi, in riferimento alla ricca e nobile famiglia dei Bonsi della Ruota (a cui è intitolata la piazzetta in fondo alla strada) che fece fortuna con il commercio della lana e della seta e dal Trecento fu spesso presente tra le maggiori cariche del governo cittadino.

Eccoci arrivati su Costa dei Magnoli, a cui si accede dalla massiccia volta in Piazza Santa Maria Soprarno: la strada è ripida, ma offre un’incredibile vista panoramica e si ricongiunge a Costa Giorgio all’altezza della Chiesa di San Giorgio alla Costa, fondata prima dell’anno Mille e ristrutturata in stile rococò agli inizi del Settecento. In seguito il convento fu destinato a scopi militari e dagli anni Trenta al 1998 è stata sede della Caserma Vittorio Veneto e della Scuola di Sanità Militare.

Continuando a salire ci imbattiamo nella Casa di Galileo, che si riconosce subito per gli affreschi sulla facciata, ma dove in realtà lo scienziato visse solo per brevi periodi. Vi invito quindi a girare all’angolo con il Vicolo della Cava, una viuzza stretta e senza sfondo, che in passato conduceva alle cave di pietra forte sulla collina di Boboli, da cui provengono i grossi blocchi di arenaria usati per la costruzione di Palazzo Pitti e di molti altri palazzi fiorentini. Con la creazione del Giardino di Boboli le cave vennero chiuse, ma ne rimase traccia nell’Anfiteatro, ricavato proprio nella vasta area dove veniva estratta la pietra. La pietra di Boboli fu impiegata anche per il Ponte Santa Trinita, il “gioiello” di Bartolomeo Ammannati progettato con la consulenza di Michelangelo e distrutto dalle mine tedesche nel 1944; negli anni Cinquanta fu deciso di ricostruirlo “dov’era e com’era” e per impiegare i materiali originali fu riaperta la cava nei pressi della Torre del Mascherino.

Tornati indietro e percorso l’ultimo tratto della costa, arriviamo a Porta San Giorgio, una delle porte delle antiche mura di Firenze che si trova nel tratto ancora esistente proprio tra Costa San Giorgio e Via di Belvedere. Fu costruita nel 1324 e decorata all’esterno con un bassorilievo dello scultore Andrea Pisano, che raffigura San Giorgio che uccide il drago; nel 1529 la porta venne “abbassata” su consiglio di Michelangelo, per difendere meglio le mura dai colpi di cannone delle truppe dell’imperatore Carlo V e alla fine del secolo, nei suoi pressi, venne creata la Fortezza di Santa Maria in San Giorgio del Belvedere, più semplicemente conosciuta come Forte Belvedere.

Ferdinando I affidò il compito a Bernardo Buontalenti, architetto della corte medicea ormai stabilmente trasferita a Palazzo Pitti; il nuovo complesso, posto “a guardia della città e del palazzo“, si trovava in una posizione strategica e fu progettato secondo i principi della fortificazione alla moderna (ossia in grado di reggere agli attacchi dell’artiglieria), con pianta a stella e cinque possenti bastioni. Al centro si trovava la Diamantina, una palazzina già esistente e dalle forme sobrie ed eleganti, che fu annessa alla cittadella per dare rifugio alla famiglia granducale in caso di attacchi o rivolte, oltre a custodire il suo inestimabile tesoro (anni fa venne ritrovata una stanza sotterranea, resa inaccessibile da una serie di difese e di un pozzo a trabocchetto!).

Il Belveder con Pitti aveva dunque i caratteri più tipici delle ville medicee che degli impianti militari e in effetti i suoi cannoni non spararono mai, almeno fino all’Ottocento, quando si iniziò ad “annunciare” la pausa pranzo con dei colpi a salve sparati a mezzogiorno in punto (i fiorentini lo chiamavano il cannone delle pastasciutte). Attualmente il Forte Belvedere è diventato sede di eventi e mostre con le istallazioni di artisti contemporanei. Gli orari di apertura variano in base al periodo, per cui vi suggerisco sempre di consultare la lista dal sito ufficiale del turismo del Comune di Firenze a questo link: https://www.feelflorence.it/it/page-per-guide

Lasciato il Forte svoltate a sinistra in direzione delle mura e scendete lungo Via di Belvedere fino a Porta San Miniato, da cui si rientra in città passando per Via di San Niccolò. Da qui potete scegliere se tornare indietro verso Ponte Vecchio oppure proseguire verso Piazza Poggi: girando a destra, infatti, si raggiungono Porta San Niccolò con le Rampe che portano a Piazzale Michelangelo e la terrazza panoramica intitolata al cantautore Riccardo Marasco (questi luoghi fanno parte di un altro itinerario che sarà presto on line). Andando a sinistra, invece, si arriva in Piazza de’ Mozzi, da cui è possibile accedere al Giardino Bardini (l’ingresso è da Via de’ Bardi 1R) e al Museo Bardini.

Percorriamo allora insieme questo ultimo tratto partendo dallo slargo davanti alla chiesa di San Niccolò Soprano, dove si trovano alcuni locali davvero carini per fermarsi a mangiare o bere qualcosa: a me piace molto l’Osteria Antica Mescita perché fanno dei piatti veramente tradizionali e Il gelato di Filo (buonissimo!). La strada ha sicuramente preso il nome dalla chiesa (che risale al XII secolo e venne completamente ristrutturata tra Quattro e Cinquecento), ma in passato aveva due diverse denominazioni: la parte che dalla piazzetta andava verso la Porta era chiamata Borgo di San Niccolò mentre quella che arrivava in Piazza de’ Mozzi era conosciuta come Fondaccio di San Niccolò, per via del dislivello con il fiume.

In questo punto vennero costruiti molti palazzi signorili che ancora oggi si alternano ai fondi con attività artigianali tradizionali e che a mio parere rendono Via di San Niccolò una delle poche strade ancora autenticamente fiorentine.

Fonti e riferimenti:
- Fonti primarie e imprescindibili di ogni mia ricerca sulle strade e i palazzi di Firenze sono il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze e lo Stradario Storico Amministrativo del Comune di Firenze.
- Nello Bemporad, Forte Belvedere e il suo restauro, in Bollettino d’Arte, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, 1957, IV serie Fascicolo II (aprile-giugno)
- Santa Felicita su rotaryfiovest.it
Elena, hai fatto un ottimo lavoro. Complimenti. Alcuni particolari non li conoscevo neanche io, ma conosco bene la storia della zona.
Mi farebbe piacere incontrarti.
Saluti.
Gian Piero
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Ciao Gian Piero quanto tempo! Come stai?? Speriamo di poterci rivedere presto farebbe piacere anche a me! Un abbraccio
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Se trovi il tempo mi puoi contattare
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