Stefano Bardini, il “Principe degli antiquari”

” Uomo distinto e di raffinata eleganza, il mercante creò il mito di se stesso”.

– Antonella Nesi

Era nato in una famiglia di modeste origini nella provincia di Arezzo nel 1836 e a 18 anni si trasferì a Firenze per studiare pittura all’Accademia delle Belle Arti. Seguì i corsi di Bezzuoli e Pollastrini, che non riuscirono ad entusiasmarlo tanto quanto gli incontri al Caffè Michelangelo con i Macchiaioli. Non aderì al movimento, ma come molti di loro abbandonò gli studi e si arruolò come volontario nell’esercito garibaldino.

Qualche anno dopo iniziò a dedicarsi al restauro e al commercio antiquario con grande successo: il mercato fiorentino dell’epoca era ricco di opere anche di notevole valore vendute come anticaglie. Si trattava di dipinti, sculture e oggetti di artigianato provenienti dalle soppressioni ecclesiastiche (già avvenute in epoca napoleonica e poi nel 1866) e dalla demolizione degli edifici del vecchio centro.

I grandi musei e i collezionisti stranieri erano disposti a pagare bene per averli e con occhio esperto e buon intuito si potevano fare ottimi affari. Ed è così che Stefano Bardini creò la sua fortuna, diventando il “principe degli antiquari” di Firenze. Tra i suoi clienti vi furono anche il banchiere J.P. Morgan e la ricca ereditiera Isabella Gardner Stewart, ma anche lo storico dell’arte Bernard Berenson e Charles Loeser frequentarono abitualmente la sua casa – bottega.

Piazza de’Mozzi, Firenze.
A sinistra la facciata del Museo Bardini
e al centro il palazzo Mozzi acquistato
da Bardini nel 1913
(Foto di Francesco Bini)

Bardini l’aveva costruita acquistando un complesso di immobili di varie epoche, tra cui l’antica chiesa sconsacrata di San Gregorio della Pace, fatta edificare da papa Gregorio X nel 1273 per celebrare la pace tra guelfi e ghibellini. Per dare forma al suo nuovo palazzo si avvalse della collaborazione del celebre architetto Corinto Corinti, che impiegò numerosi materiali di spoglio: pietre medievali e rinascimentali, architravi, soffitti a cassettoni e sulla facciata furono posti gli altari della demolita chiesa di San Lorenzo a Pistoia intorno alle finestre del primo piano.

Gli spazi interni vennero sistemati con grandi fonti di luce. L’orto del vecchio convento fu chiuso da un prezioso soffitto in legno del ‘500 che Bardini aveva acquistato in una villa veneta e le pareti vennero dipinte con una particolare tinta di blu (il cosiddetto Blu Bardini), forse ripresa dai palazzi della nobiltà russa, dove questo tipo di decorazione era molto apprezzata.

La sala della Carità con la “Chiostrina”
Foto Cultura-Comune di Firenze

Le sale del piano terra vennero dunque trasformate in una galleria d’esposizione, per i clienti interessati ad acquistare le opere delle sue collezioni.

Nel 1913 l’antiquario decise di chiudere il suo negozio e dopo aver licenziato tutti i dipendenti, si dedicò al suo ultimo progetto: allestire una galleria privata da lasciare in eredità al città di Firenze dopo la sua morte.

Questa avvenne il 12 settembre 1922, esattamente due giorni dopo aver redatto il testamento in cui era formalizzato il suo lascito. Eppure i funzionari del Comune1 incaricati di redigere un inventario dei beni, anziché mostrare gradimento per ciò che trovarono, non esitarono a definirlo di pessimo gusto e ne ordinarono una sostanziale trasformazione.

Nel 1925 venne così inaugurato il Museo Civico, molto lontano dall’allestimento originale voluto da Stefano Bardini. Le pareti blu erano state ridipinte con un colore ocra, ritenuto più consono alle strutture in stile rinascimentale del palazzo e anche la sistemazione delle opere nelle varie sale era stata cambiata, lasciando diversi pezzi di prestigio nei depositi.

Nel 1999 si decise di intervenire con un lungo e importante lavoro di restauro (il museo è rimasto chiuso per 10 anni) che ha restituito il suo caratteristico aspetto a questo luogo. Oggi al suo interno si possono ammirare oltre 3000 opere tra dipinti, sculture, armature, strumenti musicali, ceramiche, monete, medaglie e arredi antichi.

Note

1 Alfredo Lensi, Segretario della Commissione Belle Arti e il professor Mario Pelagatti, scultore e appassionato.

Bibliografia di riferimento:

Antonella Nesi, Guida al Museo Stefano Bardini, Firenze, Edizioni Polistampa, 2011

Pubblicato da Elena Petrioli

Guida turistica di Firenze

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